My World, Sagan rivela che nel 2015 ha pensato al ritiro: “Basta, mi dissi. Vaff…, io lascio”
Peter Sagan ammette che nel 2015 ha pensato al clamoroso ritiro. Forse non un reale pensiero così strutturato, ma nella sua autobiografia My World lo slovacco scrive che gli allenamenti erano così estenuanti e fini a sé stessi da portarlo al limite. All’epoca alla Tinkoff – Saxo, il corridore era seguito da Bob Julich, che cercava di tirar fuori il meglio dal suo corridore con sessioni molto meticolose. Un approccio scientifico, finalizzato in primis a valutare i numeri del corridore, che per lui era tuttavia esasperato ed esasperante.
“Parlavamo ogni giorno – scrive colui che poi diventerà tre volte consecutive campione del mondo – Come stai, Peter? Che hai fatto oggi, Peter? Che frequenza a riposo hai, Peter? (…) Che hai mangiato, Peter? Di che colore era la cacca, Peter?“. Un modo di concepire l’allenamento troppo lontano da quello dell’allora 25enne: “L’allenamento per me è preparazione alla gara, non un fine in sé. L’allenamento per l’allenamento: è quello che sentivo di fare con Bobby. Era ossessionato dai miei numeri“.
Ricordando come “perfino Froome deve smettere di stare al computer e salire sui monti con gli scarpini da ciclista”, Sagan racconta come il problema poi si risolse quando ad occuparsi di lui fu Patxi Vila, che non a caso lo ha poi seguito nella sua avventura alla Bora – hansgrohe e ancora oggi segue il campione slovacco. Ma prima di arrivare a questo, dopo averne parlato chiaramente con lo staff, nella mente del fenomeno di Zilina il pensiero di mollare c’era stato. “Basta, mi dissi. Vaffanculo, io lascio“, scrive senza mezzi termini ricordando l’esperienza vissuta.
“Ero completamente sfinito, e infelice – ricorda – Cominciai a pensare di spegnere il cellulare o darmi malato. Era grottesco. Adoro allenarmi, ma quell’allenamento mi stava uccidendo. Morto per statistiche”. Sempre molto serio malgrado le sue arie da guascone scanzonato, Peter Sagan ha più volte fatto capire tuttavia di essere uno di coloro che concepiscono il ciclismo in maniera il più spontanea possibile, dando grande importanza alle proprie sensazioni prima che ai numeri, in corsa, ma non solo.
Tra le altre rivelazioni che si possono trovare nel libro, anche ricordi di gioventù, quando già si sfidava con Michal Kwiatkowski o quando fu scartato dalla Quick-Step Floors ancor prima di passare alla Liquigas, ma anche momenti intensi dei suoi rapporti personali con quello che è il suo clan, che lo segue un po’ ovunque. Dal fratello Juraj Sagan, con il quale ha un rapporto molto stretto, al procuratore e agente Giovanni Lombardi, senza dimenticare il fidato Gabriele Uboldi, suo manager e addetto stampa.
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